The Wake review on Heavy Metal Heaven

EP composti da una sola traccia: una moda che negli ultimi anni, nel metal, ha preso piede. Sempre più gruppi, specie nelle branche più sperimentali, estreme o di nicchia del genere, hanno proposto tentativi simili. Con alterne fortune, peraltro: se è vero che, con le giuste idee, si può fare qualcosa di grande in un ambito così, dall’altra parte basta sbagliare quell’unica canzone per perdere molto. Si situa a metà tra questi due estremi Born in 84, Died in the 84th Year, dei The Wake. Duo diviso tra Germania e Romania nato nel 2009, ha pubblicato questo EP come seguito dell’esordio sulla lunga distanza, Earth’s Necropolis del 2017. Visti i tre anni passati tra le due uscite, l’idea più immediata è che sia un disco per riempire il tempo, prima che i The Wake possano incidere un altro full-length. Una sensazione confermata anche all’ascolto di Born in 84, Died in the 84th Years, che però per fortuna ha anche alcune cose da dire.

Di base, quello del duo è un black metal molto classico, ma non stantio. La band gli conferisce alcuni buoni spunti e qualche variazione, che porta la musica verso lidi atmosferici oppure verso una maggiore melodia. Nel complesso si tratta di uno stile meno scontato di quanto può sembrare: è il segreto che rende la musica dei The Wake piacevole per quasi tutta la durata di Born in 84, Died in the 84th Years. Purtroppo però a parte questo l’EP non lascia troppo il segno. In parte la causa è la sua eccessiva brevità: seppur completa e abbastanza lunga per andare oltre il semplice singolo, l’unica traccia dura in fondo solo un quarto d’ora. Un altro brano, magari anche più corto, o in alternativa un maggiore sviluppo, sarebbe stato benefico per il disco. Il problema vero dei The Wake è però una lieve piattezza: tutto è buono, ma ben poco si stampa in mente. Unendo a questo una certa prolissità a tratti, il risultato è che Born in 84, Died in the 84th Years non brilla molto. Pur essendo per (quasi) tutta la sua durata almeno godibile, il che già non è poco.

La musica inizia con un breve intro ansiogeno, con un respiro pesante. Tempo giusto qualche secondo, e il basso di XII dà il là a una prima fase molto espansa. Una cassa battente e un riff sempre delle quattro corde – mentre la chitarra si produce in qualche accordo di tanto in tanto – sono tutto ciò che continua a reggere un sussurro sempre inquietante da parte dell’ospite Lana Moscaliuc. Va avanti a lungo, forse anche troppo, e risulta un pelo prolisso; per fortuna, dopo circa due minuti, la musica entra nel vivo. Ci ritroviamo allora in un black metal classico, ritmato e quasi trionfale nella sua essenza minacciosa, ben sottolineata da V, che scambia scream e growl in maniera intelligente. Interrotta solo da un’apertura lenta ma allucinata, la sua ferocia si accentua moltissimo poco dopo, quando il blast beat comincia a martellare. È una sezione vorticosa, molto aggressiva, ma presto si trasforma con l’entrata in scena di toni melodici che danno al tutto calore e profondità. Questa progressione si ripete un paio di volte, ma poi la musica cambia strada. Ispirata all’ultima anima, la melodia prende il sopravvento, e dopo un momento vuoto, dai suoni addirittura spaziali, esplode un assolo. Malinconico, sentito, colpisce bene con la sua tristezza dimessa, che però non dura: al centro esatto, l’anima arcigna dei The Wake riprende quota. Un breve sfogo molto pestato, poi Born in 84, Died in the 84th Years torna ad aprirsi. Stavolta però è più interessante che all’inizio: merito dell’assolo di XII, che avvolge per un bel po’. L’espansione in questa seconda metà domina quasi sempre, a eccezione di un momento sulla trequarti. Ci ritroviamo in un’ambiente pesante, con un riff dai vaghi influssi addirittura death, ma poi torna alla carica il bel riff principale, reso ancor più cattivo dal blast. Ma il lato melodico del duo torna subito dopo, per una chiusura di disperazione accentuata, tra i più in evidenza dell’EP. È l’inizio della fine per il pezzo, che subito dopo si spegne in una coda espansa: torna verso l’inizio, in maniera anche più prolissa e allungata, stavolta. Di sicuro, per quelli che sono stati i contenuti della traccia, si poteva evitare: il risultato è discreto, ma con le premesse si poteva ottenere qualcosa di meglio!

In conclusione, l’idea che Born in 84, Died in the 84th Year è che i The Wake siano alla ricerca della quadratura perfetta, nel caso vogliano muoversi anche in futuro su queste coordinate. Oppure che, dall’altra parte, il loro sia stato un esperimento estemporaneo, convinto ma fino a un certo punto. Di certo, nell’EP sono presenti buoni spunti, e in generale il risultato è piacevole e discreto. Un solo brano però è davvero poco per giudicare a pieno una band. Per questo, il duo internazionale è promosso per questa volta, ma io spero di sentirlo – magari al meglio delle potenzialità sentite qui – in futuro con qualcosa di più sostanzioso!

SCHEDA DEL DISCO
Per chi ha fretta

PRESENTAZIONE: Composto da una sola, lunghissima traccia, Born in 84, Died in the 84th Year (2020) è il primo EP del duo internazionale The Wake, dopo l’esordio sulla lunga distanza Earth’s Necropolis (2017).
GENERE: Un black metal di base molto classico, arricchito però da alcune deviazioni in senso più atmosferico e melodico.
PUNTI DI FORZA: Uno stile tradizionale ma non stantio, all’origine di una lunga traccia quasi sempre godibile.
PUNTI DEBOLI: Un po’ di prolissità a tratti, una lieve inconsistenza, una certa assenza di spunti vincenti.
CANZONI MIGLIORI: –
CONCLUSIONI: Pur essendo discreto e piacevole, Born in 84, Died in the 84th Year non lascia troppo il segno. Dà l’idea di riempire il tempo prima del nuovo full-length dei The Wake, che andranno ascoltati su distanze più lunghe per una valutazione più completa.

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